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Legacoop Nazionale: le cooperative chiudono un 2023 con segno positivo. Gamberini: “Nel 2024 indispensabile riduzione dei tassi di interesse e politiche di sostegno agli investimenti"

Legacoop Nazionale: le cooperative chiudono un 2023 con segno positivo. Gamberini: “Nel 2024 indispensabile riduzione dei tassi di interesse e politiche di sostegno agli investimenti"

“La chiusura positiva del 2023, con un’importante crescita del fatturato e la grande maggioranza delle imprese che registra un utile conferma le tendenze che si erano già evidenziate nel 2022 sulla scia della ripresa post-pandemica. Si tratta di performance realizzate nonostante il persistere degli alti costi delle materie prime energetiche, l’aumento dei tassi di interesse ed il progressivo rallentamento dell’economia italiana ed europea nel secondo semestre 2023. Tutti elementi che si sono riflessi in una evidente contrazione degli investimenti. I risultati della nostra analisi rafforzano le preoccupazioni già espresse sulle ripercussioni che il rallentamento complessivo dell’economia avrà sulle cooperative, maggiormente su quelle che operano nel mercato interno, ma anche sul fronte dell’export. Per questo, oltre ad auspicare che ci siano le condizioni per sfruttare a pieno le opportunità del PNRR per un rilancio della crescita, riteniamo indispensabile una progressiva riduzione dei tassi di interesse e la definizione, completamente trascurata nella legge di bilancio, di specifiche politiche di sostegno e di risorse che consentano alle imprese di far ripartire gli investimenti necessari per affrontare con successo la transizione verso la sostenibilità e la digitalizzazione”.

È quanto afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop, commentando i risultati dell’indagine congiunturale sugli andamenti delle cooperative effettuata dall’Area Studi di Legacoop.

Dai dati dell’indagine risulta che le cooperative aderenti a Legacoop chiudono il 2023 con indicatori positivi: l’80% ha registrato un utile, il 40% ha aumentato il valore della produzione (di queste, 4 su 10 registrano un incremento superiore al 10%) e il 27% anche l’occupazione. Risultati raggiunti nonostante la carenza di manodopera, l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, l’accresciuto costo del denaro determinato dall’aumento dei tassi di interesse e più stringenti condizioni di accesso al credito. Aspetti che condizionano anche le aspettative per i prossimi mesi dove, rispetto alla rilevazione effettuata a luglio scorso, pur restando prevalenti le indicazioni di un quadro di stazionarietà della domanda (espresse dal 68%) e di stabilità dell’occupazione (72%), cala di 9 punti percentuali (dal 26% al 17%) la quota di chi prevede un aumento della domanda e di 7 punti (dal 23% al 16%) la quota di chi prevede un incremento dell’occupazione. Previsioni che si iscrivono nel quadro generale di un crescente pessimismo sull’andamento del contesto macroeconomico italiano, dove cala di ben 11 punti (dal 18% al 7%) la quota di chi ne vede un’evoluzione favorevole, mentre cresce di 8 punti (dal 24% al 32%) la quota di chi prevede una dinamica in peggioramento.

Nel 2023, le cooperative che hanno aumentato il fatturato (il 40% del totale) registrano una maggiore concentrazione nel settore consumo-distribuzione (54,5%), della cultura (53,8%) e della cooperazione sociale (45,9%); a livello dimensionale nelle grandi cooperative (62,5%) e, a livello territoriale, al Sud (43,3%). Sul fronte dell’occupazione, le cooperative che l’hanno aumentata (il 27% del totale) sono maggiormente concentrate nel settore della cultura (34,6%), dell’industria delle costruzioni (30,6%) e della cooperazione sociale (29,9%); a livello dimensionale nelle grandi cooperative (45,8%) e, a livello territoriale, al Sud (31,4%). Riguardo all’utile di bilancio (registrato, complessivamente, dall’80% delle cooperative), i settori che evidenziano una maggiore concentrazione di cooperative sono l’industria delle costruzioni (91,7%) e l’agroalimentare (87,0%); le grandi cooperative (95,8%) e il Nord (84%).

L’analisi dell’Area Studi ha preso in esame anche le dinamiche dell’ultimo quadrimestre del 2023. In questo periodo, il 68% delle cooperative registra una stabilità della domanda destagionalizzata di prodotti/servizi (6 punti in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente); il 14% indica un incremento, con percentuali maggiori del dato medio nei settori abitativo (50,0%), industria delle costruzioni (30,6%) e cultura (19,2%) e, a livello territoriale, al Sud (20,0%). In confronto al quadrimestre precedente, non muta il quadro complessivo del livello della domanda di prodotti e servizi, che risulta stazionario per il 66%, in crescita per il 17,6% e in diminuzione per il 16,4% (quindi con un saldo leggermente positivo, +1,2%). Dati superiori alla media si evidenziano al Sud, dove registra un aumento della domanda il 28,3%, e nei settori dell’abitazione (60,0%), dell’industria delle costruzioni (22,2%) e della cooperazione sociale (22,0%). Riguardo all’occupazione, la prevalenza delle cooperative (il 73%) l’ha mantenuta stabile; aumenta di 1 punto la quota di quelle che l’hanno diminuita (il 10%) e di 4 punti la quota di quelle che l’hanno aumentata (il 22%), con un saldo positivo di 12 punti. Come per l’andamento della domanda, la maggiore concentrazione di cooperative che registrano incrementi occupazionali si osserva nei comparti dell’industria delle costruzioni (30,6%), della cooperazione sociale (26,7%) e delle attività culturali (23,1%). A livello dimensionale, le grandi cooperative registrano un 42,9% e, a livello territoriale, il Sud evidenzia un 29,4%.

Le aspettative per i prossimi quattro mesi, pur di segno complessivamente positivo, registrano qualche segnale di un’inversione di tendenza che, come ricordato prima, si inserisce in un complessivo peggioramento delle previsioni riguardo all’andamento del contesto macroeconomico italiano, con un calo di ben 11 punti (dal 18% al 7%) degli ottimisti, mentre i pessimisti crescono di 8 punti (dal 24% al 32%). Nonostante il 68% delle cooperative si attenda un livello stazionario della domanda, calano sensibilmente le previsioni di aumento (dal 26% al 17%), che vedono una maggiore concentrazione nei settori abitativo (40,0%), dell’industria delle costruzioni (25,0%), delle attività culturali (23,1%): e, a livello territoriale, al Sud (23,3%). Dinamiche analoghe si evidenziano per l’occupazione. Se il dato largamente prevalente è quello di stabilità (indicata dal 73%), le prospettive di aumento sono in calo rispetto alla rilevazione precedente (luglio 2023), attestandosi al 16% (-7 punti percentuali) e determinando un deterioramento nel saldo, che resta positivo, ma passa dal 6% al 4%. I settori dove è maggiore la percentuale di cooperative che prevedono aumenti occupazionali sono l’industria delle costruzioni (33,3%) e la cooperazione sociale (20,7%). Superiore al dato medio anche il Sud, con il 19,6%. Resta positiva la propensione agli investimenti: stazionari per il 57,2%, il 26% ne prevede un aumento, a fronte del 16% che ha pianificato una riduzione (quindi con un saldo positivo di 11 punti). A livello di tendenza generale, il 37% delle cooperative prevede un consolidamento delle attività, il 31% una situazione di stabilità, il 10% un’espansione delle attività, l’8% la realizzazione di alleanze strategiche.

Tra i problemi che condizionano la propria attività, al primo posto la scarsità di manodopera (indicata dal 41%), seguita dall’aumento dei costi delle materie prime e dei materiali (31%) e, tutti con la percentuale del 26%, l’aumento dei costi energetici, l’aumento dei tassi di interesse, la liquidità a breve termine. Cresce poi di 20 punti percentuali, attestandosi al 35%, la quota delle cooperative che hanno riscontrato fattori negativi che condizionano l’export. Tra queste, il 68% indica costi e prezzi più elevati e il 53% l’instabilità geopolitica internazionale. Infine, le difficoltà sul fronte del credito. Le cooperative che negli ultimi 4 mesi del 2023 hanno richiesto un finanziamento (il 31%) continuano a rilevare un aumento dei tassi di interesse (il 77%), la richiesta di altre condizioni da parte delle banche (30%), l’aumento dei tempi di concessione (28%) e delle garanzie richieste (26%).

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