La ricorrenza dei 50 anni della Cooperativa Di Vittorio, nata nel 1972, è stata festeggiata il 27 maggio 2022 a Collegno presso la Lavanderia a vapore in via Pastrengo 51. Uno spazio espositivo ha ospitato una mostra fotografica che ha ripercorso tutte le immagini delle case costruite dalla cooperativa. È poi seguito uno spettacolo teatrale “Queste non sono semplici chiavi” e una tavola rotonda “Di casa in casa, 50anni di Cooperativa Di Vittorio” alla quale hanno partecipato l’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il prof Filippo Barbera e il presidente della Di Vittorio Massimo Rizzo. La serata è stata condotta da Marco Berry e ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti delle istituzioni locali.
Massimo Rizzo, presidente della Di Vittorio, è molto orgoglioso del traguardo. “Operiamo sul territorio torinese dal 1972 ed i primi interventi hanno offerto risposte certe all’emergenza abitativa di quegli anni: una vera e propria edilizia operaia, che ancora oggi vuole dare un contributo concreto non solo alla composizione architettonica della città, ma soprattutto alla sua componente umana. Negli anni abbiamo aiutato molte famiglie a superare difficoltà: parliamo di più di cinquemila nuclei, quella fascia grigia di popolazione che ha un reddito troppo alto per accedere alle case popolari ma non riesce ad accedere alle abitazioni sul libero mercato, anche a causa del forte incremento dei costi delle utenze domestiche. Il modello Di Vittorio non si esaurisce nel dare un tetto e nel riscuotere un canone: siamo protagonisti nella creazione del tessuto urbano. La cooperativa segue le persone in tutte le loro necessità e dà vita a un processo di integrazione comunitaria e solidale, intrecciandosi con le trasformazioni economiche e sociali di Torino e della sua area metropolitana.”
Il modello Di Vittorio non si esaurisce nel dare una casa e riscuotere il canone. La Cooperativa segue la persona in tutte le sue necessità e crea un processo di integrazione comunitaria e solidale nei propri stabili anche attraverso un apposito Fondo di solidarietà. Nel corso della sua storia ha introdotto meccanismi di solidarietà orizzontale tra i soci per venire incontro alle famiglie più fragili economicamente e socialmente, ha la pazienza e la lungimiranza di aspettare che il socio in difficoltà non perda la casa quando diventa moroso (incolpevole), prospettando piani di rientro anche a lungo termine consapevole che se si perde la casa si cade in una spirale che porta alla povertà.
Durante la pandemia è stato anche creato un Fondo Covid per aiutare tutte le famiglie che avevano perso temporaneamente parte del reddito, e oggi si è studiato un meccanismo che aiuterà le famiglie più fragili economicamente con il pagamento delle spese di riscaldamento ed energetiche.
Una serie di pannelli facenti parte della mostra riassume il percorso della Di Vittorio in 50anni per decenni.
1972-1982 Torino capitale industriale d’Italia
Gli anni ’50, ’60 e ’70 a Torino sono segnati da un intenso movimento migratorio, dovuto alla forte industrializzazione, che porta la città dai settecentomila abitanti nel 1951 a oltre un milione e duecentomila abitanti nel 1971. Sono anni di forte conflittualità: i lavoratori delle fabbriche combattono non solo per un’organizzazione del lavoro più accettabile, ma anche per avere una casa che spesso viene loro negata. Il cartello “non si affitta ai meridionali” era disarmante nella sua normalità. Tra il 1979 e il 1980 vengono terminati i primi due interventi, nella periferia nord di Torino, per un totale di 788 alloggi: “Villaggio uno”, in via Reiss Romoli, e le quattro semitorri all’ingresso dell’autostrada Torino Milano. Gli appartamenti sono grandi ed economici, composti da tre camere da letto e doppi servizi, per rispondere al bisogno delle famiglie numerose di ottenere un’abitazione in tempi brevi.
1982-1992 La Di Vittorio si espande
Con gli anni Ottanta a Torino finisce la lunga stagione dell’immigrazione dal Sud e per la prima volta dall’Unità d’Italia la città inizia a perdere abitanti. Termina così un periodo caratterizzato dal bisogno urgente di quantità di nuove case: le famiglie sono più piccole, più ricche e cercano progressivamente una migliore qualità di vita, a partire dalla casa.
Se all’inizio degli anni Ottanta la Cooperativa costruisce circa 900 alloggi nella prima cintura di Torino concentrati in pochi interventi, verso la metà del decennio innova progressivamente la progettazione degli stessi. La costruzione di grandi complessi abitativi lascia spazio ad un alto numero di cantieri, composti da palazzine di 3 o 4 piani, di qualità decisamente superiore. Nella seconda metà degli anni Ottanta vengono realizzati circa 400 alloggi nell’area metropolitana.
1992-2002 La città si reinventa
Durante gli anni ‘90 Torino entra in una fase di profonda trasformazione: la FIAT, in crisi, delocalizza progressivamente la produzione e anche l’industria pesante abbandona la città lasciando vuoti enormi spazi nel suo tessuto urbano. Il capoluogo piemontese deve reinventarsi, da città industriale a città sempre più caratterizzata da un’economia dei servizi.
Nel 1999 ha la sua grande occasione con l’assegnazione dei Giochi olimpici invernali del 2006.
Con gli anni ‘90 si apre una nuova fase di sviluppo della Cooperativa, che da un lato si fa più “impresa”, dall’altro segue l’evoluzione della domanda abitativa, orientandosi verso una progettazione focalizzata sulla qualità dell’abitare a 360°. L’attenzione si sposta alla comunità, alla sostenibilità ambientale, alle relazioni di vicinato e al coinvolgimento costante dei soci: la Di Vittorio diventa uno spazio aperto per favorire le relazioni tra le persone.
2002-2012 Torino si trasforma
Nel primo decennio del 2000 si arresta il calo della popolazione torinese, che si attesta nel 2011 attorno agli 870.000 abitanti. La tendenza negativa viene interrotta dall’arrivo sempre più intenso di cittadini stranieri che nel 2016 compongono il 15,6% della popolazione del capoluogo. L’integrazione diventa una delle sfide più importanti della politica cittadina e la Cooperativa Di Vittorio fa la sua parte, offrendo, con un’abitazione, un ingresso dignitoso nella comunità cittadina.
Con le Olimpiadi del 2006 Torino si rinnova e la Cooperativa Di Vittorio prende parte al più grande progetto di riqualificazione urbana della città, Spina 3, destinato al recupero delle zone abbandonate dall’industria pesante torinese. Anche gli interventi si evolvono: le scelte architettoniche delle nuove costruzioni sono mirate a ridurre l’impatto ambientale, favorendo i risparmi nei consumi e la diminuzione della CO2 emessa.
La Cooperativa, con altri partner, realizza il Villaggio Olimpico destinato ai Media che ha ospitato 1464 giornalisti ed è stato riconvertito in alloggi a tempo di record.
2012-2022 La casa sostenibile
All’inizio degli anni ‘10 l’Occidente è colpito dalla crisi economica più devastante dal dopoguerra, i cui effetti si fanno sentire, fortissimi, anche a Torino. A soffrire è soprattutto il ceto medio e il ceto medio-basso. Viene meno la certezza che le generazioni future vivranno meglio di quelle presenti e l’ascensore sociale non è più in funzione. La politica riflette la società e non riesce a dare risposte adeguate. Anche il problema casa viene accantonato.
Con il bando regionale denominato “10.000 alloggi entro il 2012” terminano i finanziamenti pubblici per l’edilizia agevolata e la Cooperativa per continuare a dare risposte ai soci utilizza i finanziamenti che arrivano dal FIA (Fondo Investimenti per l’Abitare).
È un cambio epocale, seppur temporaneo e limitato, nel soddisfare le esigenze abitative: non più una casa per tutta la vita ma una casa in locazione per un lungo periodo.
La Cooperativa edilizia Giuseppe Di Vittorio di Torino è una Cooperativa a proprietà indivisa, in 50 anni ha dato risposte a più di 5mila famiglie identificate nella fascia grigia di popolazione che ha un reddito alto per accedere alle case popolari ma che non riesce ad accedere ai prezzi delle case a libero mercato.
Il modello Di Vittorio non si esaurisce nel dare una casa e riscuotere il canone. La Cooperativa segue la persona in tutte le sue necessità e crea un processo di integrazione comunitaria e solidale nei propri stabili anche attraverso un apposito Fondo di solidarietà. Nel corso della sua storia ha introdotto meccanismi di solidarietà orizzontale tra i soci per venire incontro alle famiglie più fragili economicamente e socialmente, ha la pazienza e la lungimiranza di aspettare che il socio in difficoltà non perda la casa quando diventa moroso (incolpevole), prospettando piani di rientro anche a lungo termine consapevole che se si perde la casa si cade in una spirale che porta alla povertà.
Durante la pandemia è stato anche creato un Fondo Covid per aiutare tutte le famiglie che avevano perso temporaneamente parte del reddito, e oggi si è studiato un meccanismo che aiuterà le famiglie più fragili economicamente con il pagamento delle spese di riscaldamento ed energetiche.